
PETRONA MARTĺNEZ
La regina del Bullerengue
“Canti con l’odore della terra umida, del tabacco e del caffè preso la mattina presto.”
Petrona Martínez Villa è una cantante afro colombiana.
E’ nata il 27 gennaio 1939 a San Cayetano nel dipartimento di Bolívar sulla costa caraibica nel nord della Colombia. Vive a Palenquito, un piccolo centro abitato sulla strada sterrata che conduce al Palenque di San Basilio, villaggio di antica tradizione guerriera e patrimonio dell’UNESCO. I suoi abitanti discendono dai Cimarrones, gli schiavi africani che si ribellarono ai loro aguzzini, fuggendo dalle piantagioni e organizzandosi in comunità indipendenti.
Petrona è una cantante dalla voce potente, orgogliosa della sua identità e dell’appartenenza a quel popolo guerriero, custode di una tradizione che, tra gli altri aspetti, valorizza il sapere ancestrale delle donne, quello ad esempio legato all’utilizzo delle piante medicinali e delle pratiche magiche e religiose di cui Petrona è esperta, avendo ereditato queste conoscenze dalla nonna materna.
Petrona visse gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza a San Cayetano, aiutando la zia nei lavori nei campi, vendendo dolci di cocco e frutta e lavorando come domestica. In seguito formò una famiglia sua e si stabilì a Palenquito agli inizi degli anni ’80. Con il marito comprò un pezzetto di terra e costruì una piccola casa sulla riva del fiume. Il lavoro nei campi e la raccolta di sabbia dal greto del fiume, utilizzata per le costruzioni, rappresentavano le uniche forme di sostentamento, non sempre sufficienti a sfamare la loro numerosa famiglia.
“ Quando venni a Palenquito vidi la vita dentro una fossa.
Mi dedicai con i miei figli a raccogliere sabbia dal fiume.
…
La mezzaluna è già tramontata.
Prendi la pala, mamma, e andiamo a raccogliere la sabbia
andiamo a raccogliere sabbia per guadagnare, per il riso.”
Queste le parole di un canto di sua composizione. Marceliano Orozco, musicista di Malagana, sentì cantare Petrona per caso mentre lavorava nel fiume e le propose di creare un gruppo musicale. Da qui ebbe inizio la sua carriera di cantante di Bullerengue, con questo brano che l’avrebbe poi resa famosa in tutto il mondo: “La vida vale la pena” (titolo originale: La Arena) . Il canto racconta la fatica e la sofferenza che comportano le tante ore trascorse nel fiume per raccogliere la sabbia, ma dice anche che questo lavoro è una benedizione perché, come Petrona stessa afferma, “Con il lavoro della sabbia ti procuri il cibo”. E’ un canto di speranza.
Petrona crea le sue canzoni in modo spontaneo, ispirata dalle storie della sua gente, da emozioni e stati d’animo, dagli avvenimenti della vita quotidiana.
“Musicalmente, mi formai nel ventre di mia madre, perché io nacqui
dentro la musica Bullerenguera. Nonna, bisnonna trisavola, zia, tutte Bullerenguere. E mio padre era compositore.
… La musica nera proviene dalla schiavitù, quindi bisogna cantare la schiavitù per non sentirsi completamente schiavi” afferma in un’intervista.
Tutte musiciste, dunque, le donne della sua famiglia, perché Il Bullerengue è una “danza cantata” di tradizione molto antica, esclusivamente femminile. In Colombia la parola Bullerengue o Bullarengue significa pollerà (gonna).
Un tempo, il 24 e il 29 giugno, in occasione della festa religiosa di San Giovanni e San Pietro, le donne incinte, le concubine, le vedove e le ragazze madri non potevano partecipare ai balli popolari (Fandangos) e quindi si riunivano nei cortili delle case per danzare in cerchio, dopo essersi comunicate segretamente il luogo e l’ora degli incontri. Una cantora, in genere una matriarca conoscitrice di canti, miti e leggende, con la sua gestualità evocava la pubertà e la fecondità femminile massaggiandosi il basso ventre e i seni. Improvvisando, “lanciava” al gruppo le frasi del canto e le coriste rispondevano cantando e battendo il ritmo, mentre il Ñeque, una bevanda alcolica a base di canna da zucchero, girava allegramente di mano in mano. Tra un canto e l’altro le Bullerenguere, con le loro ampie e coloratissime gonne, raccontavano indovinelli inframmezzati da scherzi sfacciati e insolenti.
Questa antica tradizione, tramandata di generazione in generazione, ha ripreso vita con il canto e la musica di Petrona, dopo che Il Bullerengue cantato e danzato dalle sue antenate era stato abbandonato e dimenticato per molto tempo.
Nel suo gruppo attuale, composto da donne e da uomini, la sua voce e quella delle due figlie coriste sono in genere accompagnate dalle percussioni di due tamburi, l’alegre e il llamador, suonati unicamente da uomini.
Altri strumenti utilizzati sono la gaita ( una sorta di flauto ) e percussioni quali la guacharaca, la tambora, le maracas, oltre al battito delle mani. Sul palco Petrona e le coriste indossano la coloratissima pollerà, mentre gli uomini portano casacche colorate e il sombrero vueltiao, simbolo nazionale, realizzato con foglie di Caña Flecha, una varietà di palma.
Petrona ha composto più di 180 canzoni, una grande eredità per i suoi figli e per i numerosi nipoti, che ne hanno raccolto il testimone continuando a divulgare e valorizzare un genere musicale che rappresenta le radici della musica colombiana. Recentemente è stato realizzato l’album “Petronica – Petrona Martínez electronic suite vol. 1” che contiene molti suoi canti arrangiati in versione elettronica.
Petrona ha viaggiato in tutto il mondo per far conoscere le sue canzoni e di questo è profondamente orgogliosa. E’ stata insignita di due premi Grammy per il miglior album di musica latina, ha ricevuto premi nazionali e internazionali, ha tenuto concerti in teatri, auditorium e piazze e tutto ciò è stato per lei indubbiamente emozionante. Ma la ricchezza e la fama non l’hanno cambiata, è rimasta la stessa di sempre e ha utilizzato i soldi che ha guadagnato per aiutare i famigliari e gli amici in difficoltà.
L’amore per la vita e il profondo legame con la sua comunità le hanno ispirato una delle sue composizioni più conosciute, El Parrandon (1), dove immagina il giorno in cui dovrà lasciare questa terra:
“Il giorno che morirò, formate un Parrandon
e vengano i miei amici a suonare e a bere rum.
La vita vale la pena, non voglio che vada sprecata
Ecco perché, prima di morire, voglio cantare e ballare”.
(1) grande festa, baldoria
Fonti:
La vida vale la pena:
El Parrandon:
Las penas alegres (versione elettronica)